Il pensiero bastardo.
Figurazione dell' invisibile e comunicazione indiretta.
Da sempre l’uomo ha raffigurato il mondo circostante utilizzando i più svariati supporti, dal fondo tenebroso di una caverna alla pellicola fotosensibile. Da sempre nei confronti di queste “figure” l’uomo ha poi tenuto un atteggiamento ambivalente oscillando tra il sentimento della venerazione e del sacro timore e quello dell’avversione e della furia iconoclasta. Ronchi si interroga sulle ragioni profonde che rendono la pratica della raffigurazione così seducente e, al tempo stesso, così inquietante. Ciò si deve alla natura di “soglia” che caratterizza l’immagine. Questa, infatti, introduce nel mondo visibile un elemento d’irriducibile estraneità, mettendo l’uomo in indiretta comunicazione con ciò che non si lascia concettualmente afferrare e dominare. La categoria platonica del “pensiero bastardo” è allora utilizzata da Ronchi per descrivere la relazione che la figura intrattiene con tutto ciò che nell’esperienza umana sfugge alla dimensione del chiaramente dicibile e del distintamente rappresentabile. Su questa base è possibile enucleare la comune ossessione che si ritrova agente in fenomeni estetici tra loro lontanissimi come i volti del Fayum e iì fotogramma, l’icona bizantina e l’oggetto surrealista.